Foto paesaggi
Fotografare i paesaggi a cui si appartiene
Le foto di paesaggi sono il mio lavoro, un genere fotografico che conosco bene e che partico da tanto tempo. Ho realizzato un grande libro fotografico sul paesaggio costiero italiano di 400 pagine di tanti peripli in tutti i nostri mari. Questo articolo sulle foto di paesaggi è una breve lezione su come ho praticato negli anni questo lavoro di fotografo e quali tipo di approccio ho visto evolversi nella mia carriera di fotografo di paesaggi. Quali maestri della fotografia di paesaggio ho preso a modello, quali metodologie tecniche ho dovuto adottare per una fotografia di paesaggio che si è sempre evoluta e che nella sostanza è sempre rimasta fedele a se stessa.
Le mie foto di paesaggi
Una foto di paesaggio del mare di Capri
Vorrei iniziare questo articolo su una foto di paesaggio che ho realizzato nel febbraio del 2022 da Monte San Costanzo: un paesaggio marino della parte finale della Penisola Sorrentina, sopra Punta Campanella, davanti a Capri. Questo luogo spettacolare ha avuto diversi nomi. Boccaccio lo nomina in una sua novella nel Decamerone come “La Minerva”. Nel mondo antico era conosciuto come Capo Ateneo (promunturium Minervae) perché, quasi in riva al mare, si trovava un tempio a cui tutti i naviganti offrivano doni per propiziarsi il viaggio. Chissà forse inconsciamente questa foto del paesaggio di Capri ha una motivazione simile. Lasciare la città in questa epoca di pandemia infinita è stato quasi un pellegrinaggio per grazia ricevuta. Venire ad affacciarmi su questo mare infinito è stato liberatorio, un buon motivo per fotografare un paesaggio che conosco da anni a cui per strani motivi appartengo.
Questa premessa mi serve per toccare il lato più nascosto ed intimo che alcuni paesaggi sono capaci di rivelare in una fotografia. Oppure è proprio il suo contrario: è la nostra interpretazione fotografica che rende il paesaggio un soggetto espressivo, comunicativo, emozionale anche per chi in quel paesaggio non ci è mai stato.
Questo per dire che un paesaggio fotografato potrebbe avere vita propria e perdere la reale motivazione ed ispirazione dell’autore, del fotografo che con tanto impegno, talento e capacità tecniche si è impegnato a riprodurre. Non sempre una foto di paesaggio riesce a trasmettere la sua forza evocatrice a tutti coloro che si troveranno a condividerla con l’autore. Ma scordatevi che questo processo lo possiate dominare. L’unica disciplina che consiglio è quella di dominare la luce, di saper aspettare che il paesaggio vi apra un varco nella vostra intimità, che l’identità di quel luogo si riveli più in una stagione che in ultra. Un processo quasi rituale. Un rito che si conclude solo dopo averla stampata. Le condivisioni social sono a volte troppo “liquide”, temporanee che durano il tempo di uno scatto d’otturatore.
Foto paesaggi composizione
Quali elementi nel paesaggio devo prendersi la loro scena? Quali fare da sfondo? Nel paesaggio chi è il vero soggetto? Sono alcune domande che mi pongo quando mi metto a fotografare un paesaggio. I paesaggi sono un soggetto fotografico estremamente vario ed ogni fotografo ha un suo particolare stile per interpretarlo. Per sintetizzare, e iniziare da un approccio più pratico e meno creativo, direi che ci sono tre i modi per fotografare un paesaggio:
- Fotografare paesaggi dal cielo
- Fotografare paesaggi con il cavalletto
- Fotografare paesaggi a mano libera
Foto paesaggi aerei (dal cielo)
Mi sono molto dedicato alla fotografia dal cielo con l’elicottero e quando lavoro a terra uso soprattutto il cavalletto. Scatti a mano libera li faccio raramente, solo quando sta succedendo qualcosa, nel paesaggio, da cogliete al volo. Negli ultimi tempi non uso più l’elicottero ma il drone. Prima dell’arrivo dei droni fotografare un paesaggio dal cielo era limitato a qualche ora di volo d’elicottero. Si possono usare piccoli aerei ad elica o super leggeri per ovviare all’eccessivo costo dell’elicottero. Sia che si scatti dal cielo in elicottero o con un drone, sono due, in linea di massa, le tipologia di ripresa: perpendicolari al terreno (con un’inclinazione molto “picchiata”) o a volo d’uccello.
Album foto paesaggi aerei
Reportage Provincia di Alessandria 2012
Foto paesaggi aerei perpendicolare al terreno
Con l’elicottero volare a bassa quota è più complesso, ed anche più rischioso. Rimanendo alti di quota si sta più lontani dal paesaggio da fotografare e quindi per fotografare il paesaggio sottostante è meglio usare un teleobiettivo. Con il drone invece le quote basse non sono un problema e uno scatto perpendicolare è una soluzione compositiva molto semplice se nel paesaggio non si cerca la tridimensionalità.
Foto paesaggi aerei a volo d’uccello
Fotografare un paesaggio a volo d’uccello è operazione più complessa e ha molte più varianti rispetto alla foto perpendicolare al terreno. Per la ripresa a volo d’uccello uso quasi sempre un medio grandangolo. In secondo luogo la foto del paesaggio deve avere sullo sfondo l’orizzonte, si dovrebbe vedere il cielo che si unisce alla terra, al mare se è un paesaggio costiero. Grazie a luci radenti che producono ombre nette e un buon contrasto, anche con i droni con piccoli sensori ad un pollice è possibile realizzare ottime foto di paesaggi dal cielo. I droni più professionali che montano macchine fotografiche con sensori full frame sono costosi quanto quasi noleggiare un elicottero.
Foto paesaggi aerei con drone
Photo Stitching dal cielo
Alcuni di questi droni sono dotati di applicazioni software per fotografare paesaggi con la tecnica chiamata Photo Stitching: scattare tante fotografie dello stesso paesaggio per poi unirlo in un unica grande visione in un unica immagine ad una risoluzione molto alta. Fotografare paesaggi con questa tecnica è per me una novità e con molto lavoro di postproduzione ho avuto ottimi risultati. Qui sotto una foto realizzata con il drone nel 2021 composta da 6 scatti.
Un nuovo drone per fotografare paesaggi
I droni più commerciali sono progettati più per fare riprese video che per fotografare paesaggi. Un nuovo drone della DJI ha un sensore dedicato alla fotografia (DJI Mavic 3). La sua qualità e definizione permette di fotografare paesaggi ad una discreta risoluzione in un unico scatto. Link da dove scaricare alcuni scatti in formato raw (DNG) del nuovo drone DJI Mavic 3.
Foto paesaggi ripresi da cavalletto
Fotografare paesaggi con il cavalletto è la maniera più corretta per lavorare con grandi formati in pellicola e con sensori digitali molto definiti. Il cavalletto serve a fotografare i paesaggi in situazioni di luce complesse, sia quando la luce è poca e sia quando il paesaggio da fotografare ha grandi differenze di tonalità e luminosità e sono costretto a fotografare diversi scatti variando l’esposizione (esposizione multipla). Quest’ultima è un prerogativa della fotografia digitale. Con la pellicola l’esposizione multipla non la consiglio. Ricomporre in un unica immagine perfettamente a registro vari scatti che provengono da scansioni è molto laboriosa. In analogico la digitalizzazione con un buon scanner serve a correggere le possibili dominanti che una lunga esposizione trasfigura in luci e tonalità che il paesaggio nasconde all’occhio umano del fotografo. In digitale invece la tecnologia ci viene in aiuto per assemblare diversi scatti con diverse esposizioni. Questa tecnica fotografica è detta HDR.
Foto paesaggi in HDR
In digitale su usa molto l’HDR, che significa scattare tante foto con esposizioni diverse, senza mai cambiare l’inquadratura. Solo se fotografi il paesaggio sul cavalletto potrai poi ricomporre a registro le diverse foto con le esposizioni che variano. Ci sono diversi software che aiutano in questa elaborazione in postproduzione (vedi l’articolo: I 10 migliori software HDR) . Io uso l’applicazione di Photoshop: UNISCI COME HDR PRO. Negli ultimi tempi i nuovi sensori hanno molta più profondità di lettura e sono in grado in un unico scatto di compensare le parti più luminose da quelle più scure. La foto qui sotto è stata realizzata con la tecnica HDR. Per saperne di più su questa foto leggi l’articolo la Nave di Genga.
Foto paesaggi ripresi a mano libera
Senza cavalletto è la maniera più libera per realizzare e fotografare il paesaggio. I paesaggi fotografati sono quasi sempre molto luminosi, colorati, l’esposizione è rapida, ogni elemento del paesaggio è colto quasi d’istinto. Il reportage di viaggio è sicuramente la scuola giusta per questo genere di foto, dove quasi sempre il soggetto principale nel paesaggio è qualcosa di vivo, in movimento nella scena. Si scatta tanto per queste fotografie di paesaggio e si possono usare quasi tutti gli obiettivi a disposizione, dal grandangolo più spinto al teleobiettivo più potente.
Fotografare paesaggi perché?
Per chi si avvicina alla fotografia di paesaggio con attrezzature professionali per la prima volta si renderà subito conto di quanto lavoro ci sia per realizzare una foto. La postproduzione di un file RAW ha tanti passaggi che un cellulare di nuova generazione elabora in un attimo. Siamo ormai abituati a realizzare fotografie in qualsiasi situazione di luce con i nostri cellulari. Negli ultimi modelli ci aiuta anche l’intelligenza artificiale, per l’esposizione, per il fuoco… ma difficilmente ci potrà aiutare sull’inquadratura: l’orizzonte storto (che ha volte è anche voluto), un campanile non in bolla, la prospettiva di una piazza decentrata, un tramonto con il sole ancora troppo forte (che scurisce tutto)… fotografare i paesaggi con il cellulare è un ottima scuola. Rivedere le proprie foto fatte con il cellulare su un monitor più grande aiuta a vedere gli errori di composizione e di scelta stilistica.
Foto paesaggi ripresi con cellulare
Da quando il cellulare è diventata una macchina fotografica i paesaggi della nostra vita li possiamo fissare e memorizzare in immagini, ed è bene chiedersi perché molti paesaggi nei nostri cellulare li cancelliamo ed altri li conserviamo. Conserviamo i paesaggi più belli, quelli venuti meglio o c’è dell’altro?
Paesaggi della nostra esistenza
Fotografiamo i paesaggi a volte inconsciamente e possono essere tanti i motivi che ci spingono a farlo. Ma è quello che succede dopo che da valore ad uno scatto ad un paesaggio fotografato. Passato del tempo, questi paesaggi nel nostro cellulare perdono valore e li cancelliamo. Conserviamo di più ritratti di amici e parenti che paesaggi. Questo perché nel tempo il viso di una persona cara, di un bimbo che cresce velocemente, ci da la percezione del tempo che passa, testimonianza di mutamenti, di affetti ed affezioni di un nostro mondo intimo in continua evoluzione. I paesaggi invece non hanno nulla di tutto ciò. Il tempo passa anche per i paesaggi ma grazie alle stagioni e ai loro cambiamenti ciclici, la nostra percezione di un paesaggio fotografato acquisisce eternità, ed immutabilità.
Eternità e paesaggi
Ma anche i paesaggi possono essere nostalgici, soprattutto quelli che hanno avuto profonde trasformazioni o che abbiamo dovuto lasciare e abbandonare. Almeno per me, sono quelle fotografie di paesaggi (quasi sempre tecnicamente sbagliati) capaci di evocare stati d’animo in cui vediamo riflessi alcuni frammenti importanti della nostra esistenza, della nostra identità. Non cerchiamo solo di fotografare la bellezza in un paesaggio, cerchiamo di volergli appartenere, di una memoria visiva anche se è solo lo sfondo della nostra esistenza. I paesaggi a cui apparteniamo sono le foto che difficilmente cancelliamo dal nostro cellulare e saranno quelle che con il tempo, faranno parte della nostra identità.
Foto di paesaggi identitari condivisi
Passare dal cellulare ad una macchina fotografica professionale diviene una necessità quando si cercano definizioni per fotografie stampate in grandi formati. Fotografie di paesaggio sulle quali abbiamo totale controllo, in tutte le fasi di realizzazione; dallo scatto, alla postproduzione, alla stampa. Qui il fotografo esce dal suo mondo intimo e personale e cerca paesaggi che non sono solo quelli del proprio mondo interiore e familiare: cerca di fotografare paesaggi che hanno un’identità molto più ampia e condivisa. Sono questi i paesaggi dei nostri avi, che hanno radici molto profonde. Il fotografo di paesaggio in questo caso deve sapersi muovere tra natura e cultura, tra arte e storia… una fotografia di paesaggio che proverò, nella seconda parte di questo articolo, a farne una breve sintesi ed un elenco dei fotografi di paesaggio per me più importanti.
Fotografia di paesaggio
La fotografia di paesaggio è una disciplina che ha una storia affascinante. Mi sembra giusto iniziare questo breve storia della fotografia di paesaggio dalle origini, dal paesaggio dipinto.
Paesaggi pittorici in 3D
Sfondi scenografici entro cui collocare figure umane. Dal medioevo di Giotto (1267-1337) al Rinascimento di Piero della Francesca (1416-1492) il paesaggio è entrato nelle opere pittoriche in 3 dimensioni ed è stata una rivoluzione.
Prospettiva e paesaggio
La prospettiva sembra sia stata scoperta da Filippo Brunelleschi (1377-1446). Da allora lo spazio ha avuto finalmente la sua corretta rappresentazione. Anche Leon Battista Alberti (1404-1472), il grande architetto rinascimentale si è occupato di paesaggio. In alcuni brani del suo trattato architettonico De re aedificatoria, ci dice cha ha studiato il paesaggio e la prospettiva con la camera ottica.
Camera ottica
La camera ottica detta anche fotocamera stenopeica, è una scatola oscurata con un foro sul fronte e un piano di proiezione dell’immagine sul retro. Immagini rivoluzionarie che hanno reso un pò fotografi i grandi maestri della pittura occidentale. Uno strumento che darà ai pittori la percezione della realtà da riprodurre.
Paesaggio come soggetto
Sempre di più il paesaggio condizionerà l’artista, e dopo qualche secolo ecco che il paesaggio diverrà soggetto proprio. Avrà i suoi generi e categorie (marine, architetture, vedute di città) e avrà i suoi luoghi prediletti: L’Italia e i suoi paesaggi identitari, con le sue rovine archeologiche, vulcani, Isole e città d’arte. (Link al mio articolo “Paesaggi italiani“)
Venezia e Canaletto
Venezia e Canaletto sono un binomio perfetto per raccontare il vedutismo pittorico e il paesaggio come arte. Sappiamo con certezza che Canaletto faceva uso della camera ottica. Questa macchina fotografica senza pellicola e sensori digitali permetteva di catturare con estrema precisione visioni su cui andare a ricalcare delle prime bozze delle opere. Canaletto annotava tutto sui suoi taccuini. I suoi quadri di Venezia sono le rielaborazioni di quegli schizzi. Immagini di Venezia che l’hanno reso famoso soprattutto in inghilterra. Nascerà con Canaletto il mito di Venezia, un mito che non ha mai cessato da allora di diffondersi ovunque nel mondo.
1839 nascita della fotografia
Canaletto muore nel 1768 e la fotografia nasce ufficialmente nel 1839. In soli 70 anni il mondo dell’arte figurativa avrà uno strumento davvero rivoluzionario. Si perchè la fotografia sconvolgerà il mondo dell’arte. Ma non è il tema di questo articolo. Consiglio di leggere, a questo proposito e non solo, il libro di Susan Sontag, Sulla fotografia, (Einaudi 1978- pag.82) sull’influenza che la fotografia ha avuto sulla nascita dell’arte astratta, impressionismo e cubismo compresi. La fotografia di paesaggio viene da lontano ed è la continuazione del vedutismo pittorico che si è sempre appoggiata ad uno strumento molto simile alla macchina fotografica. La fotografia è figlia della scienza e della tecnologia. Ci vorrà del tempo prima che il fotografo si affacci al mondo dell’arte.
Ansel Adams
Ansel Adams (1902-1984) è il fotografo di paesaggio che più di tutti ha dato alla fotografia l’onore e la potenza espressiva che si meritava. Lo ha fatto grazie alla fotografia di paesaggio. La sua fotografia in bianco e nero di paesaggi naturali incontaminati dell’America del nord è qualcosa che va oltre il vedutismo pittorico. Contrapporsi alla soggettività pittorica era una missione purificatrice dei sensi per rivelare ciò che sfugge ai propri occhi.
Ansel Adams. Clearing Winter Storm, Yosemite National Park, California. 1944
Fotografo di paesaggio e la natura
Ansel Adams fotografava la bellezza della natura per un motivo molto preciso; voleva salvare il paesaggio americano. Ha usato la fotografia di paesaggio per un messaggio ecologico: salviamo la natura selvaggia americana prima della sua scomparsa. Siamo negli anni trenta del novecento e il paesaggio americano sta avendo una rapida evoluzione. Le sue fotografie ritraggono paesaggi naturali incontaminati dei grandi parchi nazionali americani. Negli anni trenta questi immensi territori non erano ancora stati scoperti dal turismo di massa.
Coscienza ecologica nell’arte
Coscienza ecologica, paesaggi primordiali in bianco e nero, sono ingredienti espressivi totalmente privi di romanticismo. In realtà il fotografo di paesaggio esprime proprio un disagio romantico, nostalgico. Essere testimone della sparizione di paesaggi naturali incontaminati. Paesaggi che Ansel Adams conosceva fin da molto giovane. Tra Canaletto e la fotografia di paesaggio di Ansel Adams ci sono Turner e gli impressionisti francesi. Doveva ancora nascere la Pop Art. Le fotografie di Ansel Adams, di paesaggi del west americano incontaminato, divengono l’emblema di un fenomeno culturale ecologico rivoluzionario. Dopo diverse generazioni, fotografia ed ecologia si sono evoluti e acquisito altissimi valori artistici sia espressivi che concettuali.
Fotografia linguaggio universale
Ai tanti travagli esistenziali, ogni artista contemporaneo deve fare i conti con la propria coscienza ecologica. Un tema planetario non più relegato alla civiltà occidentale. La fotografia è linguaggio universale. La fotografia di paesaggio e la natura minacciata sono un binomio espressivo e concettuale che attraverserà ogni fase artistica contemporanea globale.
Ernst Haas
I temi ecologici sovrastano ogni cosa e la fotografia di paesaggio si è presa ormai da qualche decennio molto spazi artistici. Dopo Ansel Adams ci sono stati altri grandi fotografi di paesaggio e sicuramente Ernst Haas (1021-1986) è quello che ha dato alla fotografia naturalistica un contributo importante. Il suo libro “La creazione” (1971) ha venduto 300.000 copie. Un grande progetto fotografico a colori. Un libro di paesaggi e non solo. Ha fotografato e viaggiato in tutto il mondo per più di un decennio per realizzarlo. Un volume fotografico che nei primi anni della mia formazione creativa ha influenzato molto la mia visione del mondo e la mia fotografia di paesaggio.
Ernst Haas, The Creation, Kenya, 1970.
Fa impressione constatare che dopo 42 anni sia uscito un altro importante libro fotografico con un titolo molto simile: “Genesis”.
Sebastião Salgado
Sto parlando del grande libro di Sebastião Salgado pubblicato dalla TASCHEN nel 2013. Il libro è tutto in bianco e nero. Il colore è totalmente assente. Lo stile di Salgado applicato al reportage naturalistico ha prodotto fotografie cariche di messaggi ecologici. La fotografia di paesaggio non è in questo libro come in quello di Ernst Haas, predominante. Questi due grandi fotografi non sono dei fotografi di paesaggi. Usano il piccolo formato delle classiche reflex. Sia Haas che Salgado provengono dal fotogiornalismo. Fotoreporter di altissimo livello prestati alla fotografia naturalistica, al reportage di viaggio. Viaggi nei luoghi più remoti ed incontaminati del mondo.
Fotoreporter prestati alla fotografia naturalistica
Vorrei abbandonare per il momento la fotografia naturalistica, il reportage di viaggio e tornare a quella fotografia di paesaggio che Ansel Adams produceva con i grandi formati a lastra. Un approccio al paesaggio per tecnica e stile molto più simile alla pittura che al fotogiornalismo.
Fotografia di paesasaggio concettuale
Negli anni settanta la fotografia di paesaggio ha avuto una svolta concettuale, ha abbandonata la natura primordiale e si è concentrata sul paesaggio antropico, che aveva o stava producendo con l’industrializzazione selvaggia la catastrofe naturalistica contemporanea. Una fotografia di paesaggio di altissimo livello. Un arte concettuale con qualcosa di apocalittico, metafisico, di vera arte contemporanea.
Bernd e Hilla Becher
I fotografi di questa nuova rivoluzione concettuale sono due coniugi: Bernd e Hilla Becher. Bernhard Becher (1931-2007) e Hilla Wobeser (1934-2015) si attengo ai rigidi principi della fotografia a lastra d’architettura in bianco e nero. Inquadratura rigorosamente ortogonale, luce diffusa, uno stile molto simile a quello di Ansel Adams ma invece che fotografare paesaggi naturali i Becker fotografavano paesaggi industriali in disuso. Gasometri, castelli d’acqua, torri di estrazione, vengono organizzati e esposti in griglie regolari di tante fotografie.
Bernd Becher, Hilla Becher – Water Towers – 1988
Scuola di Dusseldorf
Un accurato materiale fotografico raccolto secondo le tipologie di architettura industriale. Fotografano il paesaggio della loro infanzia che negli anni sessanta era ormai obsoleto e in via di demolizione. Il loro libro Anonyme Skulpturen (1969) li fa conoscere in tutto il mondo e le loro fotografie vengono considerate delle opere d’arte. Nel 1990 ricevono il Leone d’Oro alla XLIV Biennale di Venezia. Bernd Becher è professore di fotografia artistica a Dusseldorf (dal 1976) e la sua influenza darà avvio ad più generazioni di fotografi d’altissimo livello: Andreas Gursky (1955), Thomas Ruff (1958), Thomas Struth (1954).
Andreas Gursky
Una fotografia di Andreas Gursky nel 2011 venne venduta all’asta da Christie’s per 4,3 milioni di dollari. Realizzata nel 1999, la gigantesca fotografia di Gursky è la più costosa della storia. L’immagine che misura 3 metri di lunghezza ritrae un paesaggio del fiume Reno.
Rhine II, 1999/2015 di Andreas Gursky alla sua mostra alla Hayward Gallery di Londra, 24 gennaio 2018 (DANIEL LEAL-OLIVAS/AFP/Getty Images).
La fotografia non dice più la verità
In questa fotografia l’autore ha tolto dall’orizzonte una centrale elettrica. Il paesaggio quindi non corrisponde alla realtà del luogo. Un paesaggio naturale europeo senza nessuna presenza antropica. L’intervento di fotoritocco sembra proprio rivelare il paradosso della fotografia contemporanea: non avere più il complesso della verità fotografica. La fotografia ora ha il permesso di dire bugie, di falsificare la realtà come ha sempre fatto la pittura. Per tornare a Canaletto e alle sue vedute di Venezia, nonostante una cura minuziosa del dettaglio, il pittore si sentiva libero di inventare, deformare prospettive, ingrandire piazze, confondere verità e finzione.
Natura profanata
Quanto siamo distanti da Ansel Adams, dalla sua natura primordiale come canone di bellezza. Purtroppo anche il mondo è cambiato e il paesaggio naturale è diventato un soggetto che esprime nostalgia e sdegno, più che contemplazione e meraviglia. Ecco alcune grandi maestri di fotografia di paesaggio che si sono dedicati a immagini di natura profanata: Richard Laurence Misrach (1949), Simon Norfolk (1963), Edward Burtynsky (1955).
Edward Burtynsky – Clearcut #1- Palm Oil Plantation, Borneo, Malaysia, 2016.
Fotografi di paesaggio italiani
Questo testo lo vorrei concludere con alcuni grandi fotografi italiani: Mario Giacomelli (1925-2000), Fulvio Roiter (1926-2016), Franco Fontana (1933), Mimmo Jodice (1934), Luigi Ghirri (1943-1992), Massimo Vitali (1944), Gabriele Basilico (1944-2013), Olivo Barbieri (1954). Il loro lavori hanno toccato diversi aspetti del paesaggio italiano.
Luigi Ghirri
A partire dagli anni Ottanta, il fotografo Luigi Ghirri propone un paesaggio italiano di immagini stereotipate. La rivoluzione tecnologica ci ha inondato di immagini, la nostra memoria visiva è satura. L’attenzione al paesaggio è contaminata compromessa da tutte queste fotografie. Il paesaggio naturale è meno interessante di quello antropizzato, perchè non è quello entro cui tutti viviamo e ci muoviamo. Fotografie di paesaggio italiano che svelano un Ghirri alla ricerca di un’umanità in crisi d’identità forse in cerca paesaggi a cui appartenere.
Luigi Ghirri, Kodachrome, 1978 – Nelle due pagine: Lido di Spina 1974 – Riedizione MACK 2017
Ghirri e l’Italia
Ghirri fotografava paesaggi della sua regione poi ha allargato a tutta l’Italia il suo campo d’azione. Da una parte i paesaggi fotografati per un senso di appartenenza, dall’altro paesaggi che mostravano non più la “Bella Italia” delle cartoline, ma un paesaggio italiano con un identità contemporanea di zone periferiche stravolte dal boom economico del dopoguerra. Fotografava paesaggi al limite del paradosso, di quello che il paesaggio italiano contemporaneo si svela al suo sentire, vivere e fotografare. Un linguaggio dei luoghi, un’identità dei territori quasi metafisici, di un viaggio in Italia non in cerca di bellezza, ma di esperienza, di un viaggio in un suo mondo contemporaneo concettuale, al limite del paradosso… solo con il paesaggio italiano sarebbe stato possibile un progetto fotografico di tale portata. Ghirri e l’Italia sono espressione identitaria che oggi tutti riconoscono e percepiscono nelle sue fotografie.
Fotografia, identità e globalizzazione
In balia della globalizzazione oggi la questione dell’identità si è fatta sempre più conflittuale. Le esperienze nel paesaggio sono oggi il tempo di un’immagine digitale. Attimi moltiplicati in milioni di immagini da condividere. Per il turismo di massa il viaggio in Italia non è più un viaggio iniziatico nella cultura occidentale. Ogni paesaggio famoso è come un brand da indossare. Esattamente il contrario di quello che sono i nostri paesaggi di appartenenza. Nei propri spazi virtuali le immagini ci vestono e ci dicono chi siamo, definiscono il nostro profilo digitale pubblico e privato. Ma quali sono i nostri reali paesaggi? Forse è questo il ruolo che dobbiamo imporci quando fotografiamo paesaggi, per indagare la nostra reale identità e cercare di scoprire a quale paesaggi apparteniamo.
Bibliografia
Hans-Michael Koetzle – Photographers A-Z – © 2011 TASCHEN GmbH
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