Isole Li Galli

Isole Li Galli 2012 è una grande fotografia Fine Art che ho stampato nel formato 150 x 80 cm. Nei grandi formati le dimensioni e le proporzioni cambiano la percezione dei dettagli. I dettagli definiscono bene la linea dell’orizzonte, staccano il profilo degli scogli dal mare. Tutta questa definizione serve a contrapporsi al dinamismo liquido del mare. Tutto ciò che si muove, in fotografia puoi renderlo mosso, indefinito.

Isolotti lontani

Anche il cielo se disegnato da nuvole può fare la sua parte in questo gioco compositivo tra cosa è fissa, incisa, e cosa invece è fluida, impalpabile. Il vento e la luce, il mare e le nuvole. Lontane alcune piccole isole. L’immagine qui sopra, è una riproduzione troppo piccola rispetto all’originale. Le piccole isole, le “Isole Li Galli”, quasi non si vedono, eppure nella sua copia su carta diventano loro le protagoniste, senza di esse la foto non è più un paesaggio costiero.

Isole Li Galli lontane in un mare scuro con raffiche di vento

Isolotti Li Galli / Luca Tamagnini Catalogo 2012-007

Linguaggi della fotografia di paesaggio

Ecco gli attori di questa fotografia. Una linea dell’orizzonte confusa, sfumata, un mare increspato, poco inciso, mosso quel tanto da rendere la sua sostanza ancora più liquida, e tre scogli lontani ma molto ben definiti, incisi. Questo gioco di contrasti, è quello che apprezzo in questa foto. Inoltre non mi piace astrarre il luogo e non renderlo riconoscibile. Il mare è sempre uguale a se stesso, ma le coste italiane hanno le loro identità. Il mare è immagine colma di eternità. Ogni linea dell’orizzonte è uguale ovunque e in ogni tempo. Ogni tratto di costa italiana è invece legata ad una vicenda umana, che di eterno non ha nulla.

Isolotti Vetara e Li Galli, 2017

Edizione limitata 1 di 12 in un unico formato 100 x 100 cm
Sul sito di Photoatlante è possibile acquistare questa fototografia Fine Art

Costiera Amalfitana Isolotti Vetara E Li-Galli / Formato 100 x 100 cm / Luca Tamagnini Catalogo 2017-002

Il bello di un blog rispetto all’edizione di un libro stampato su carta è che dopo anni ci puoi rimettere le mani, aggiornare le pagine, gli articoli perché hai qualcosa da aggiungere, una nuova foto, una nuova esperienza fotografica. Nel 2017 sono tornato in Costiera Amalfitana e ho ripreso nuovamente questi isolotti davanti a Positano. Un nuovo scatto alle Isole Li Galli è diventata una fotografia Fine Art 1 x 1 metro. Anche in questa foto Li Galli sono lontani e si è aggiunta un’altra piccola isola: Vetara.

Da Isca

Ho piazzato il cavalletto sul piccolo approdo dell’Isola di Isca. Il sole era appena tramontato alle mie spalle. Una posa lunga con pellicola negativa nel formato 6×6 ha prodotto un paesaggio costiero quasi metafisico. Le Isole Li Galli in questo nuovo scatto hanno sullo sfondo la “Costiera” di Praiano. Ho passato la notte in sacco a pelo nel piccolo fiordo di Crapolla. Volevo fotografare con le prime luci dell’alba questi luoghi della Penisola Sorrentina, i meno popolati ed ancora naturalisticamente integri. Speravo di sentire il richiamo delle berte, gli uccelli marini che a primavera nidificano sulle coste mediterranee. Un canto notturno molto particolare che purtroppo non ho sentito.

Punta Campanella 2005

Nel 2005 avevo realizzato insieme a Folco Quilici un libro fotografico: Punta Campanella. Allora scrissi un testo sulle sirene e su una bellissima ipotesi di un ornitologo che aveva identificato in una specie di uccelli marini, l’origine del mito greco delle sirene.

Viaggio tra le sirene

«Attratto dal richiamo delle Sirene inizio un’altra e forse più affascinante esplorazione, quella dell’enorme giacimento d’informazioni storiche, mitologiche, leggendarie, che tutta questa zona ha sovrapposte disordinatamente e che nelle memorie di cronisti antichi e moderni hanno offerto un richiamo per divertire e terrorizzare il visitatore sprovveduto, incantato dalla bellezza di questa costa.

Non è poi così difficile incontrare buone letture, in grado sin dalle prime pagine di farti amare una storia complessa, che va dagli albori dei navigatori fenici e micenei ai moti antiborbonici.

Tante isole italiane hanno visto passare Ulisse, ma qui più che altrove sono tutti concordi sull’antica presenza delle Sirene. Un popolo in particolare adorava queste creature, quello greco dei Teleboi, originario dell’Acarnania, dove scorre il fiume che avrebbe dato vita alle Sirene, l’Acheloo. Teleboi sono stati i primi colonizzatori di Capri e con loro hanno portato il culto delle Sirene.

Due tipi di Sirene si confondono nel tempo poiché la loro natura ha subito una metamorfosi. Le più recenti, che provengono dai mari freddi del nord Europa, erano fanciulle dolci e soavi, metà donne e metà pesci. Quelle antiche, di queste parti, erano invece pericolose e mortali, metà donne e metà uccelli.

Scopro inoltre che non è solo Capri l’isola delle Sirene, ma anche le Isole Li Galli, tra Nerano e Positano, in piena area marina. Gli antichi le chiamarono le “Isole Sirenuse”, e oltre alle Isole Li Galli, possiamo inserire in questo arcipelago mitologico anche la vicina Vetara, ed Isca, quasi attaccata alla costa. Nomi che confondono perché al di là della Penisola Sorrentina nel Golfo di Napoli esiste un’altra “Ischia” (molto più grande e famosa) e un’altra “Vivara” collegata a Procida da un sottile istmo.

Il mito racconta che le Sirene erano fanciulle, compagne di Core, la figlia di Demetra, e che ebbero le ali da lei per cercare la giovane dopo che Ade, il dio infernale, l’aveva rapita e nascosta nel sottosuolo cambiandole il nome in Persefone. Le Sirene sono quasi della stesse specie delle Arpie, ma invece di vivere nel sottosuolo esse vivono sulla terra e sul mare.

Infatti il mito dice anche che le Sirene erano uccelli marini che piangevano sulle tombe dei re defunti.

Ed è con questo mito che mi tornano alla mente altre isole, lontane da qui, dove si dice sia sepolto un re acheo: Diomede, eroe greco, reduce come Ulisse dalla guerra di Troia, che avrebbe trovato sepoltura nelle Isole Tremiti in Adriatico. A San Domino, la più grande delle Isole Tremiti, ho sentito di notte un pianto, un suono struggente, che solo quando il buio è assoluto si può ascoltare. Sono le berte, uccelli marini d’alto mare, che per la riproduzione cercano scogliere d’isole ed isolotti in cui deporre le uova ed allevare i propri piccoli.

Il loro canto nel buio ha suggestionato gli antichi navigatori dando origine al mito delle Sirene. L’imbarcazione doveva tenersi lontano da quel richiamo, sentirlo significava correre un grave pericolo, significava scogli troppo vicini e naufragio sicuro.

I navigatori dell’antichità evitavano di navigare di notte, ma poteva capitare nelle giornate di bonaccia di rimanere senza vento in balia di un mare immobile. A remi, lentamente, ci si poteva far sorprendere dall’oscurità.

Chi va per mare sa che un mare agitato provoca contro una scogliera un gran baccano, e certo non servono le Sirene per segnalarti il pericolo dei frangenti. Nella bonaccia, in assenza di onde, il mare è muto. Per un marinaio antico la bonaccia e la tempesta sono ugualmente infauste e per questo scongiurate.

In quel silenzio assoluto, quel richiamo sonoro si poteva sentire anche da grandi distanze… («…gran bonaccia s’allargò sull’onde… e cosi parlavano levando la lor voce soave» – Odissea XII).

Oggi in mare, nell’Area Marina Protetta di Punta Campanella, è facile incontrare le berte: volano basse, percorrono molte miglia in poche ore, sempre in cerca di pesce. La scogliera della Penisola Sorrentina è stata un luogo ideale dove riprodursi, la roccia calcarea crea anfratti profondi e piccole grotte, luoghi prediletti dalla berta per allevare i piccoli.

L’unico modo per sapere se ancora vi nidifica è quello di navigare di notte, in assenza di luna, sotto le alte falesie della costiera. Oggi il loro canto non si sente più, sono andate altrove ad allevare e crescere i loro pulcini, in luoghi più remoti e isolati. Una volta queste scogliere erano molto popolate non solo da questi meravigliosi uccelli, ma anche dalla foca monaca. L’augurio è che la protezione di questi luoghi permetta un giorno il ritorno di quelle specie scomparse, che qui venivano numerose a riprodursi perché trovavano cibo a sufficienza per sfamare i propri piccoli. E quando questo succederà, la gente di questi luoghi faccia sapere al mondo che le Sirene sono tornate.»

[LUCA TAMAGNINI]

Dal libro: Punta Campanella / Parchi e aree marine protette d’Italia / Folco Quilici, Luca Tamagnini / Editore Photoatlante 2006

Articolo aggiornato il 18 agosto 2020


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