Ponza
Le previsione meteo erano ideali per andare a Ponza. Mare calmo su tutto il Tirreno per qualche giorno. Il meteo per un fotografo di paesaggi marini ti sprona a partire, ad andare per mare. Mi sono precipitato a Formia per prendere il traghetto per Ponza. Una telefonata alla capitaneria di Ponza mi ha confermato l’assenza di gommoni in porto. Aprile è ancora troppo presto per i gommoni a noleggio. La manovra per l’imbarco con il gommone a traino l’ho lasciata fare ad un marinaio della nave. Pretendevano che io riuscissi ad entrare nella pancia del traghetto a marcia indietro tra camion e camioncini appiccicati. Portare il mio gommone a Ponza è stata una scelta fortunata. Impossibile fotografare le isole senza un mezzo nautico per muoversi. Il gommone è il mezzo ideale per sbarcare ovunque. Anche Palmarola e Zannone sono facilmente raggiungibili in gommone.
Isola di Ponza, Scoglio Caciocavallo e paese di Ponza / Luca Tamagnini Catalogo 2018-035
Ponza in primavera
In primavera Ponza è un’isola disponibile e accogliente. Non voglio dire con questo che in estate sia il contrario. Le estati di Ponza sono meravigliose lo stesso. Ponza ha una vitalità fuori dal comune, la sua densità demografica è sempre in equilibrio tra turismo giornaliero e residenti stagionali. Croceristi su barche da diporto di ogni stazza la rendono molto internazionale e cosmopolita. Ponza è al centro delle rotte tirreniche del turismo da diporto. Ed io la conosco da sempre proprio per esserci passato con la barca tante volte. La sua immagine all’alba mi ha sorpreso ed incantato. La rada, appena fuori la barriera frangiflutti, deserta, senza nessuna barca all’ancora, una visione insolita. Nessun fermento di pescherecci che rientrano in porto dopo la nottata di pesca. Il porto di Ponza silenzioso e dormiente la mattina presto non l’avevo mai visto. href=”https://lucatamagnini.it/wp-content/uploads/2020/05/Ponza-Faraglioni-di-Calzo-2018-foto-di-Luca-Tamagnini.jpg”>
Ponza, Faraglioni del Calzone Muto, 2018 / Italia Paesaggio Costiero / Fotografia di Luca Tamagnini – Edizioni Photoatlante
Ponza nel mio nuovo libro fotografico
L’isola è cambiata perché i ponzesi si sono quasi totalmente dedicata al turismo. La flotta e gli equipaggi dei pescherecci di Ponza è impiegata quasi tutta per il trasporto dei turisti per i peripli delle Isole. D’estate questi ex pescatori hanno trasformato le loro barche in piccoli e festosi stabilimenti balneari. Non sto qui a nominare ogni cala, rada e spiaggia che ho fotografato, ognuna estremamente scenografica e ideale soggetto per i miei paesaggi costieri. La bellezza dell’Isola di Ponza è in tutto il suo periplo. Vederla così deserta mi è sembrata quasi si sia trasfigurata in Palmarola. La fama di Palmarola è dovuta al fatto che non è popolata, non ha dei residenti, non ha un porto ed un paese. In estate Palmarola è l’attrazione più esclusiva. Dipende anche dal mare, il bel tempo la popola di barche di ogni tipo e grandezza. In primavera Ponza è come Palmarola, ma con più costa da esplorare ed ammirare. I paesaggi costieri di Ponza senza barche e turisti sulle spiagge sono il motivo di questo viaggio a Ponza. Realizzare alcune fotografie per il mio nuovo libro Italia Paesaggio Costiero.
Fotografia in vendita sul sito di Photoatlante
Isola di Ponza, Spiaggia di Chiaia di Luna / Luca Tamagnini Catalogo 2018-033
Chiaia di Luna
In barca sei padrone dell’isola, anche se molte spiagge hanno cartelli che ne proibiscono l’accesso. La caduta di sassi dalle falesie è un pericolo reale. La spiaggia più famosa di Ponza è Chiaia di Luna. Nonostante i lavori di messa in sicurezza dell’altissima falesia, la spiaggia è inagibile. Qualche mese dopo la mia visita a Ponza una frana ha quasi travolto dei turisti. Un miracolo li ha fatti uscire incolumi da un’immensa nuvola di polvere. (href=”https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_luglio_20/ponza-crollo-rocce-chiaia-luna-paura-bagnanti-controlli-corso-dd877bd4-8c01-11e8-8b01-1b79734b0f48.shtml” target=”_blank” rel=”noopener noreferrer”>Link al video crollo 20 luglio 2018).
Tunnel Romano
La grande baia di Chiaia di Luna aveva un porto, oggi scomparso. Ma l’opera più straordinaria che ci hanno lasciato i Romani sull’isola è un Tunnel di 168 metri. Costruito quando Augusto era imperatore, la galleria collega Chiaia di Luna al paese. Prima della costruzione del porto odierno, a Ponza le barche avevano due approdi a seconda delle condizioni del mare. Il tunnel è una strada che unisce i due versanti dell’isola. In qualsiasi condizione di mare era possibile sbarcare e raggiungere il paese.
Le Isole “Ponziane”
Per conoscere la storia di Ponza ho letto il libro di Gin Racheli: “Le Isole Ponziane” dell’editore Mursia pubblicato nel 1987. Un arcipelago che già dal titolo “Ponziane” invece che “Pontine” rivela quanto l’autrice si sia calata nelle vicende di Ponza e del suo arcipelago. Il cambio di nome dell’arcipelago è avvenuto nel periodo fascista ai tempi della grande bonifica delle paludi pontine, sulla vicina costa laziale. L’Istituto Idrografico della Marina Militare ufficializzò il nome “Arcipelago Pontino” nelle sue carte nautiche e da allora le isole divennero “Pontine” invece che “Ponziane” come per secoli erano conosciute. Gin Racheli è un’esperta di isole, ha scritto e studiato ben sei arcipelaghi italiani, sei ottimi e preziosi libri. Oltre a Ponza anche Ventotene ha un porto ed un paese. Santo Stefano è un carcere molto particolare e merita un approfondimento che spero di scrivere in un prossimo articolo. Ventotene e Santo Stefano sono due isole vicinissime tra loro ma lontane dal resto dell’arcipelago. Sono a metà strada sulla rotta Ponza-Ischia. Ponza è naturalmente la protagonista del libro. Le vicende delle sue comunità di corallari, di pescatori di aragoste, di generazioni di esperti navigatori, sono le pagine più belle di questo libro. href=”https://lucatamagnini.it/wp-content/uploads/2020/05/Ponza-Spaccapolpi-2018-foto-di-Luca-Tamagnini.jpg”>
Italia Paesaggio Costiero / Italia Paesaggio Costiero / Fotografia di Luca Tamagnini / Edizioni Photoatlante
L’Odissea in queste isole
Omero ha ambientato nelle Isole Pontino due episodi importanti dell’Odissea: quello della Maga Circe e quello delle Sirene. L’Isola Eèa, dove si trovava la reggia della maga, è Ponza. Ventotene e Santo Stefano sono le isole delle sirene. Il Monte Circeo sulla costa laziale è il toponimo che ricorda la maga dell’Odissea e risale fin dai tempi degli antichi romani. Prima delle bonifiche mussoliniane, il Monte Circeo era un’isola vera e propria o almeno così appariva. Circondato da paludi ed acquitrini impenetrabili ha cercato di rubare la “location” dell’Odissea a Ponza. Dei Romani antichi, Ponza ha molte tracce archeologiche. Il tunnel è sicuramente l’opera più grandiosa e ancora molto utile. Peccato sia chiuso per restauri strutturali da diversi anni.
Ponza, Grotte di Pilato, antica peschiera romana, 2018 / Fotografia di Luca Tamagnini
Le Grotte di Pilato
Le grotte di Pilato sono un’altra testimonianza di come i Romani vivevano a Ponza. Un complesso di grandi vasche e caverne scavate nella roccia in riva al mare. Sono delle peschiere e facevano parte di una grande villa imperiale romana. La fotografia che ho realizzato non è sufficiente a svelare la suggestione e l’incanto di un luogo così carico di mistero. In queste vasche scavate nella tenera pietra vulcanica, i Romani allevavano soprattutto murene. Il nome Pilato è un falso, proviene dal quel governatore della Palestina, Ponzio Pilato, che lasciò crocifiggere Gesù Cristo. La leggenda narra di un Pilato che in queste peschiere si divertiva a dare in pasto alle murene i propri schiavi. In luoghi come queste grotte, la romanità pagana veniva associata ad eventi demoniaci indicibili. Una propaganda denigratoria che ha permesso ai cristiani di imporre la loro fede in tutto l’impero romano. Sembra un tempio più che una peschiera. Una nicchia al centro della parete di fondo della sala principale, lascia intendere la collocazione di una divinità quasi sicuramente un dio o una dea del mare. La presenza di statue sacre a tutela e protezione della pesca evoca molto probabilmente la presenza di un altare sacrificale. I sacrifici agli dei erano consuetudini religiose del mondo romano antico. I pesci venivano catturati vivi ed allevati in queste vasche collegate e rigenerate dal mare. Grate di bronzo tenevano intrappolati i pesci. Le peschiere romane erano un’attività economica molto redditizia.
Peschiere Romane di Zannone
Nelle vicine Isole di Zannone e di Ventotene esistono altre peschiere. Tutte molto suggestive ma non paragonabili alla bellezza delle Grotte di Pilato di Ponza. Anche sulla costa laziale sono tante le rovine archeologiche semi-sommerse di questi sbarramenti, vasche per l’allevamento di murene, spigole e orate. A Sperlonga, Torre Astura e sulla costa nei pressi di Civitavecchia esistono i resti di peschiere romane anche di grandi estensioni.
Zannone, Peschiera romana, 2018 / Fotografia di Luca Tamagnini
Una storia di mare e non solo
Ma torniamo a Ponza e alle infinite storie dei ponzesi e alle loro avventure marine. Un popolo che ha navigato ovunque e ha colonizzato altre isole lontane come La Galite in Tunisia. Nel libro di Gin Racheli mi sono imbattuto in una notizia storica curiosa: l’origine del Pecorino Romano. I pescatori di Ponza hanno frequentato molto i mari e le coste della Sardegna e grazie alla loro indole mercantile, era per loro normale scambiare con i Sardi prodotti dell’Italia continentale. I Sardi avevano il prezioso formaggio di pecora da commerciare. Via mare però la caciotta di pecora sarda soffriva la navigazione, non si conservava bene nei gavoni delle barche ponzesi. Molto probabilmente furono i ponzesi a consigliare una salatura più forte e si sa che il sale conserva qualsiasi alimento. Oggi la fama del Pecorino Romano è quasi universale e la pasta cacio e pepe l’orgoglio di Roma. Un esempio straordinario di come il Mediterraneo combini occasioni per invenzioni di grande successo. Il commercio e il trasporto via mare possono creare miracoli e mettere in comunicazione mondi così lontani come quello della pesca e della pastorizia.
Pirati saraceni
Ma torniamo ai capitoli storici, quando Ponza era formalmente della famiglia nobile romana dei Farnese. Siamo nel 1541, la commenda dell’Abbazia di Ponza è vacante, il Papa è un Farnese e concede Ponza ad un suo nipote il cardinale Alessandro. Il 1500 è un secolo terribile per l’Italia e il Mar Tirreno. Gli ottomani, i Turchi sono riusciti a creare una grande flotta. Merito di un grande ammiraglio, da noi conosciuto come il pirata Barbarossa. Alcune pagine del libro di Gin Racheli sono dedicate a questo pirata perchè userà più volte Ponza come base per saccheggiare la penisola Italiana. I Farnese formalmente saranno i padroni di Ponza anche per tutto il 1600, anche se l’isola sarà quasi del tutto disabitata ed in balia dei pirati saraceni. Solo alcune barche di corallari di Torre del Greco e di pescatori di Ischia riescono a frequentare Ponza, ma solo prima o dopo la bella stagione. L’estate per la pirateria è il periodo del saccheggio e della rapina.
Ponza e il Regno di Napoli
Nel 1731 i Farnesi si estinguono. L’unica Farnese rimasta è la moglie di un Re napoletano, Filippo V di Borbone. L’Arcipelago Pontino passa di mano e viene inglobato nel regno di Napoli. Qui entriamo nel vivo e nella storia dei discendenti attuali dell’odierna comunità ponzese. Le parole chiavi per approfondire la storia dell’arcipelago sono i nomi degli autori che hanno scritto i libri più importanti: Giuseppe Tricoli, Fabrizio M. Apollonj Ghetti, Silverio Corvisieri.
Il porto di Ponza
Il porto di Ponza è la testimonianza più importante di questa nuova colonizzazione. Il Regno Napoli incarica nel 1768 due personaggi lungimiranti: Antonio Winspeare e Francesco Carpi. Questi due ingegneri sono i veri fondatori delle isole Pontine. Progettano il piano urbanistico del paese di Ponza e il nuovo porto. Un’opera urbanistica ed architettonica di grande pregio. Per vent’anni si dedicheranno per dare a Ponza aspetto e funzionalità eccellenti. Il ripopolamento delle isole di Ponza e Ventotene avviene tra alti e bassi. Comunità di pescatori di Ischia e di corallari di Torre del Greco, sono la base più numerosa della colonizzazione di Ponza, il ceppo più antico dei ponzesi di oggi. Purtroppo i Re di Napoli hanno anche trasformato le isole in prigioni, in colonie penali.
Pescatori e galeotti
Pescatori e galeotti a Ponza si sono sempre mal sopportati e mai integrati. Non bastavano le incursioni dei saraceni a rendere la vita a Ponza molto precaria. Delinquenti della peggior specie non venivano rinchiusi, ma erano lasciati liberi sull’isola. L’unico vantaggio che la colonia penale ha portato a Ponza è stata la permanenza di un presidio militare per difendersi dai pirati.
Ponza emigrati speciali
I Ponzesi sono oggi anche una grande comunità emigrata e rispettata in tutto il mondo. Un popolo del mare che ha insegnato tecniche di pesca innovative anche in altri mari, in altri oceani. Per questo popolo straordinario sto progettando un libro fotografico. Un libro che mostri quanto Ponza sia monumentale, il suo paesaggio marino un capolavoro della natura. Un omaggio anche ad una delle ultime e più autentiche comunità marinare d’Italia. Ma non sarà facile, le isole sono logisticamente complicate e realizzare nuove foto in tutto l’arcipelago un grande sforzo non solo creativo ma anche economico.
Ritorno a Ponza
Mi devo fermare qui e augurarmi di tornare presto a Ponza. Vorrei attraversare il tunnel romano e raggiungere Chiaia di Luna come si faceva qualche anno fa. Percorrere quel tunnel è come attraversare la storia di Ponza in una passeggiata. Geologia e vulcanologia non riescono ancora a spiegarmi come Ponza sia così straordinariamente variopinta, frastagliata, sempre diversa in ogni baia.
Palmarola, Scogli Canne di Fucile, 1993 / Fotografia di Luca Tamagnini
Ponza un’isola molto fragile
Il tunnel romano chiuso e la spiaggia di Chiaia di Luna inagibile sono un danno che Ponza non può subire ancora per molto tempo. A Ponza tutto sembra franoso, instabile in continua mutazione. Eppure è questa sua friabilità a salvarla, a renderla così speciale e sempre diversa. Le fotografie di paesaggio sono a volte evocazioni nostalgiche di luoghi che stanno perdendo la propria immagine originaria. Il più delle volte le cause sono umane, ma qui a Ponza è la natura la maggior responsabile. Due scogli alti e sottili detti “Canne di Fucile” sono crollati a metà negli anni ‘90. Molto probabilmente è stata una scossa di terremoto a demolirli. Un paesaggio marino che si identificava in quelle sagome scure, alte e sottili. Nel piccolo canale tra i due Faraglioni di Mezzogiorno a Palmarola, li ho rivisti. Ci sono ancora ma senza più quello slancio nel cielo che li rendeva unici. Sembra che queste isole siano animate da un “genius loci” molto crudele. Un genio del luogo, uno spiritello imprevedibile, che i ponzesi hanno sempre rispettato e mai sfidato.
Popolo marino
Questo popolo isolano ha rivolto le sue sfide più importanti al mare. Il mare ha definito la sua identità di popolo mediterraneo. Ogni baia, riva, secca, sono estensioni vitali del porto, del paese. Paesaggi marini trasfigurati in racconti epici. Archi naturali, faraglioni, scogliere e grotte sono i protagonisti di questi peripli “ponziani” e i loro toponimi è quello che resta di una memoria frammentata e incompleta. Destino di tanti popoli marini mediterranei che con la loro barche si muovevano tra isole e patrie diverse. Tempeste, naufragi e migrazioni ne hanno disperso la memoria. Una storia di cultura materiale marinara che lentamente si sta estinguendo. Un destino comune a tante altre comunità di mare delle nostre isole minori. Troppo piccole e fragili per resistere ad un turismo invadente che sta globalizzando anche tutto il Mediterraneo. [LUCA TAMAGNINI] 5 marzo 2019
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Isola di Ponza, Arco Spaccapolpi, 2018 / 130 x 100 cm / Luca Tamagnini
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